PREMESSA

L’architetto di oggi, più che mai, deve dotarsi dei contributi culturali di varie fonti capaci di mettere insieme una rete di conoscenze per indagare e accogliere i vari linguaggi come elementi rilevanti per l’apprendimento, lo sviluppo della creatività e dell’immaginazione, contrastando così il pensiero unico e l’appiattimento della professionalità.

ESPOSIZIONE

Le arti plastiche sono caratterizzate dall’evoluzione di forma e contenuti (funzione) nello spazio. L’epoca cosiddetta moderna iniziata col Romanticismo era contrassegnata dalla tensione verso la rappresentazione mitica, la realtà invisibile delle cose dell’anima umana. In pittura, il Simbolismo ricercava il fantastico e il visionario, ma anche l’esotico rappresentò una liberazione dai vincoli del conosciuto.

Soprattutto Delacroix si fece portavoce di questo anelito di libertà che ritroviamo in Gauguin che ricercò sempre un’evasione da tutto ciò che fosse accademico. Dopo la rivoluzione impressionista vi fu una vera e propria ricerca della forma pura che ne descrivesse i contenuti primitivi e arcaici, per contrapporla criticamente alla civiltà industriale che soffocava l’individualità barattando i valori borghesi con la “perdita di se stessi”. I valori ricercati da quest’arte infatti erano la semplicità e la naturalità.

Mentre artisti come Modigliani evidenziano l’atemporalità dell’opera con esecuzioni apparentemente semplici che evocano il classico, Picasso userà la distorsione prospettica mettendo in discussione tutte le tradizioni visive tradizionali.

Ispirato dalle sculture africane e dai volumi dedotti dalla natura di Cézanne (che aveva sintetizzato l’impressionismo in una formula “classica”), Picasso geometrizzò la figura adottando un processo di sintesi basato sulla decostruzione e ricostruzione dei volumi nello spazio piano della tela con cubi grandi e piccoli in piani sfalsati ma fusi uno nell’altro che andavano a cogliere la vera sostanza delle cose, la loro verità. “Il pittore, quando deve ritrarre una tazza rotonda, sa molto bene che l’apertura della tazza è un cerchio. Quando disegna un’ellisse, quindi, egli non è sincero, sta facendo una concessione agli inganni dell’ottica e della prospettiva…” E’ come un prospetto e una pianta in architettura in cui è possibile cogliere l’oggetto nella sua complessità e interezza.

La scomposizione dell’albero da parte di Mondrian dà l’avvio a un ulteriore passaggio verso l’astrazione della forma attraverso la riflessione filosofica. L’armonia perfetta tra verticale e orizzontale viene derivata secondo Mondrian dall’armonia interna alla natura. Si tratta di scorgere la “struttura” o ossatura archetipale della sostanza del mondo materiale per dedurne l’aspetto spirituale, ignorando particolari dell’apparenza. L’angolo retto si fa relazione primordiale degli estremi. Tutto è in relazione con tutto.

Il messaggio correva in parallelo anche con l’architettura di LeCourbusier e Theo Van Desbourg. Successivamente certi architetti hanno sentito la necessità di indagare sull’origine dell’architettura così come i pittori dei primi del Novecento avevano indagato sulla purezza attraverso la riscoperta del primitivo. Venti anni fa Bruno Zevi ci faceva notare come l’accademismo ha sempre voluto ignorare sia la preistoria che l’edilizia popolare, continuando a prendere le mosse dalla civiltà greco-romana e dal Rinascimento. Alcuni architetti però si interrogano sulla genesi della loro azione creativa ed evitare la sclerosi. Visto che il repertorio degli stili sembra di volta in volta precluso, con quale linguaggio si può esprimere oggi un architetto?

La sfida consisterebbe nel liberarsi dalla schiavitù del conosciuto e dalle abitudini per raggiungere il “grado zero” che ci riporta alla forma prima della forma, all’immagine “non documentabile della capanna primitiva, presunto ‘seme’ dell’architettura”.

Anche Mario Botta, nell’affrontare il problema della casa, affronta indirettamente il problema dell’abitazione primitiva: “Mi confronto con l’idea stessa della caverna”, con il bisogno primario del proteggersi, ma anche come luogo d’identità e di memoria, di eredità di pensiero e di cultura. Sembrerebbe allora fondamentale per i neo architetti l’apprendimento del pensiero e della cultura di chi ci ha preceduto (e così si torna all’origine del discorso in PREMESSA.

E poi ci domandiamo con Botta: In questa pluralità di linguaggi, una forma semplice è ancora capace di resistere?

Lezione tenuta da Raffaele Santilli presso la facoltà di Architettura di Roma, dicembre 2019.


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