Il nostro aspetto metodologico è ispirato dai principi di base della psicologia del profondo di C.G.Jung che intravede lo stretto collegamento tra le fasi iniziali dell’esistenza e la qualità della vita futura. Dice infatti Jung: “L’infanzia è importante non solo perché da essa prendono le mosse alcuni storpiamenti di istinti, ma anche perché affiorano, nella psiche infantile, procurando spavento o incoraggiamento, i sogni e le immagini ad ampio raggio che preparano un intero destino” (1928). Si tratta di quel programma di maturazione psichica, o Sé primario, che deve essere vissuto completamente dal bambino e sviluppato al massimo grado come progetto di base.
Il Nido come contesto sociale è il luogo dove si progettano le esperienze dei bambini e dove questi si sperimentano in autonomia dalla famiglia elaborando le proprie modalità espressive. Cosa insegnerà allora un educatore? Niente, visto che si tratta soprattutto del luogo in cui l’educatore valuta, verifica e sostiene il livello di interesse, concentrazione e socializzazione del bambino attraverso le sue proposte educative tese a realizzare la partecipazione attiva e creativa del bambino. Non c’è spazio per insegnare niente. Non dunque insegnare, ma promuovere, promuovere e sostenere le forme dell’apprendimento che significa intimità, socialità, curiosità ed esplorazione. E’ l’ambiente stesso del Nido che deve suscitare curiosità e stimolare l’esplorazione. Per la famiglia, l’entrata nell’istituzione Nido segna una sorta di iniziazione, una forma cerimoniale che la coinvolge e a volte la sconvolge. Sono infatti i membri adulti della famiglia che nell’approccio al Nido necessitano di un ambientamento progettato e strutturato. Molte educatrici frettolose, non avvedendosi dell’importanza che riveste questo momento, avrebbero la tendenza ad escludere la famiglia dal delicato contesto dell’ambientamento del bambino, non comprendendo evidentemente che ad essere ambientati saranno proprio i genitori stessi.
Il ruolo dell’educatore deve saper favorire l’esperienza della separazione attraverso un rapporto di fiducia basato sulla professionalità e non certo su un’effimera “amicalità”. Il risultato di tale relazione sarà determinato dalla capacità degli educatori di accogliere comunque le istanze dei genitori che, invero, sono il prodotto dell’incontro tra emotività e bisogni. Per accogliere e contenere le possibili reazioni emotive di un genitore non c’è niente di meglio che aver sviluppato la capacità di ascolto conformemente alla capacità di essere non-direttivi e di non intervenire fuori luogo.
Sono capacità, queste, fuori dal comune, generalmente in dote a quelle persone che intravedono anche la possibilità di portare avanti un personale percorso educativo. E’ a tal proposito che la pedagogia oggi è tesa a connettersi a saperi provenienti da altre forme scientifiche come la psicologia, l’antropologia e le moderne neuroscienze, come sistemi di comunicazione per lo sviluppo dell’autonomia del pensiero libero e dei processi creativi.