Che giorno triste il 10 aprile del 1970. Per tanti, allora, cinquant’anni fa, fu il giorno in cui finì la gioventù, il giorno in cui ci si risvegliò dal sogno, il giorno in cui finirono davvero gli anni Sessanta, con il loro sogni di rivoluzione, di cambiamento, di bellezza e di meraviglia. Fu il giorno in cui i Beatles, ufficialmente, si sciolsero. “Paul is quitting The Beatles”, scrisse in prima pagina il Daily Mirror, dando il maggior risalto possibile, ricavando la notizia da alcune risposte battute a macchina da McCartney a delle domande di un giornalista del quotidiano, scritte per promuovere l’uscita del suo primo album solista. Se ne andava dai Beatles “per ragioni personali e professionali” e la storia ufficialmente finiva.
I Beatles nei dieci anni precedenti, avevano cambiato il volto dell’intera musica popolare, avevano cambiato la moda, il costume, la politica, la spiritualità, il mercato, avevano portato Timothy Leary a scrivere: “I Beatles sono dei messia. Prototipi di una nuova razza di uomini liberi e gioiosi. Agenti dell’evoluzione inviati da Dio, dotati di misteriosi poteri e in grado di dar vita a una nuova specie di esseri umani”. E invece, come normali esseri umani, avevano litigato e il gruppo, amato da milioni di fan in tutto il mondo, era arrivato al capolinea.